
IL FESTIVAL
secondo Raul Montanari
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Da
molto tempo propongo la seguente distinzione: ci sono arti narrative e
arti non narrative. Quali sono le arti narrative? Tutti i formati
artistici che mettono l’autore nella condizione di poter raccontare una
storia. Che poi lui decida di farlo o meno, è affar suo. Possiamo
quindi definire narrativi generi letterari come la prosa (romanzo e
racconto), l’epica, il teatro (inclusi il radiodramma e l’opera
lirica); a questi aggiungiamo il cinema e la fiction televisiva, il
fumetto, il fotoromanzo, la canzone.
Queste
arti narrative non hanno mai goduto di una salute eccellente come nei
nostri tempi. Cinema, fiction televisiva e fumetto, per esempio, hanno
raggiunto un livello di compiutezza tale da poterle collocare
alla pari con la prosa letteraria. Cosa intendiamo per compiutezza? La
presenza di un marchio d’autore riconoscibile; la capacità di
trasmettere una visione del mondo complessa; la creazione di
un’estetica autonoma e ricca.
Ma
anche volendo limitare la nostra prospettiva alla sola prosa narrativa,
la sensazione di una certa stasi, di un bisogno di rinnovamento, poteva
essere forse giustificata negli anni Settanta e Ottanta, con eccezioni
ovvie, come quelle rappresentate da scrittori quali Piervittorio
Tondelli e Aldo Busi. A metà degli anni Novanta, però, la situazione
cambia e assistiamo a un recupero della gioia di raccontare, di
sperimentare, di trovare nuove vie per affascinare il lettore. Si crea
una congiuntura editoriale favorevole alla pubblicazione, da parte
delle più grandi case editrici, di una serie di nuovi talenti, dalla
potenza narrativa incontestabile. Dall’inventiva di Tiziano Scarpa, che
cerca di soggiogare il mondo attraverso il linguaggio e il ripensamento
radicale delle forme narrative tradizionali; alla narrativa veloce di
Niccolò Ammaniti; al lirismo di Aldo Nove, un autore in cui gli stimoli
più diversi si fondono in una proposta linguistica del tutto inedita,
ottenuta attraverso geniali operazioni di sottrazione. Molti altri nomi
si potrebbero fare su questa linea (Giuseppe Caliceti, Dario Voltolini,
Antonio Moresco, Rossana Campo, Isabella Santacroce, Giulio Mozzi,
Andrea Pinketts, Marcello Fois) e altri ancora che riesplorano in modo
innovativo il classico contenitore della prosa d’arte di questo secolo,
il romanzo psicologico (Luca Doninelli) o che approdano a una sintesi
fra scrittura letteraria e saggistica di grandissima eleganza e
incisività (Laura Bosio). E tralascio moltissimi nomi di interesse
critico rilevante e di non secondario impatto sul pubblico. Come avrete
notato, fra gli autori che ho citato molti sono già stati nostri ospiti
in questo festival.
La
nuova narrativa non si arrocca, va all’attacco, si confronta con altre
modalità espressive senza presunzioni di superiorità, ma contaminandosi
con esse. Ritrova la scommessa umanistica che sia giusto costruire,
anche se sull’acqua e non su un terreno solido e rassicurante; che
valga la pena di accettare il peso di una coscienza critica e perfino
infelice, e non annegare nelle due paludi ugualmente pericolose della
nostalgia per il passato o dell’abbraccio instupidito e incosciente
della tecnocrazia. Si addentra coraggiosamente in ambiti pericolosi, in
regioni dove l’aria è fatta di plastica, dove la semplice fede nella
ragione e nella parola non è una corazza sufficiente.
Paesaggi
lunari, postnucleari, soprattutto postinformatici. Nuovi dilemmi, nuove
collisioni etiche, montagne da scalare e abissi in cui inoltrarsi senza
cavi di sicurezza, senza un firmamento di stelle fisse, un sistema di
riferimenti su cui riposare nei momenti in cui l’aggressione istantanea
del nuovo, del diverso, dell’altro stordisce e costringe a voltare la
testa all’indietro. La sfida del cinema, il luogo in cui la narrazione
cammina sul filo di investimenti milionari e i meccanismi devono essere
verificati alla perfezione, alla ricerca di un dosaggio fra esigenze di
comunicazione e azzardi innovativi, di ciò di cui solo a posteriori è
possibile dire: ha funzionato, non ha funzionato. La libertà
vertiginosa del fumetto, che può rappresentare tutto, ritagliandosi una
licenza immaginativa che lo pone per molti versi all’avanguardia di
questo complessivo spostarsi della narrativa verso l’inesplorato e il
non detto.
Questo
è il terreno su cui si muovono tutti gli autori che incontrerete
quest’anno, capaci di attraversare generi e modalità espressive
inseguendo, ciascuno, una propria cifra personale nel maggior numero
possibile di fronti: letteratura, teatro, traduzione, cinema, radio,
televisione. Anche questa versatilità, questa curiosità rappresenta per
la narrativa una testimonianza di rigenerazione attraverso il
cambiamento, ed è il filo conduttore che ha guidato i nostri inviti,
oltre a quello mai venuto meno della ricerca della massima qualità
nelle proposte.
Si
comincia con Gabriella Kuruvilla, esponente di un’area letteraria
sempre più interessante, quella degli autori che scrivono in italiano
portando l’esperienza di mondi lontani dal nostro – nel suo caso,
quello dell’India. Ma Gabriella è anche, non a caso, una giornalista e
un’artista visiva molto apprezzata.
Questa
capacità di esprimersi in linguaggi diversi è centrale poi nella figura
di Marcello Fois, narratore, poeta, commediografo, sceneggiatore, un
autore che dell’assoluta padronanza stilistica ha fatto il
passe-partout per poter lasciare il marchio della propria personalità
prorompente in tutti i media che lo hanno stimolato.
Riprendendo
l’esperienza entusiasmante dell’anno passato, abbiamo di nuovo proposto
un incontro dedicato alla poesia. Quest’anno il festival sarà visitato
da Vivian Lamarque, una delle voci più care al circoscritto ma
agguerrito pubblico della poesia, ma anche un’autrice che ha
conquistato una notorietà che va al di là dei confini di questo
pubblico, con la sua opera di narratrice (anche per bambini) e con i
suoi interventi giornalistici preziosi.
Un
narratore di razza è certamente il torinese Alessandro Perissinotto,
fra l’altro docente presso l’Università di Bergamo. Ma se il suo mezzo
espressivo prediletto appare il romanzo, nel quale ha raggiunto i più
grandi riconoscimenti di critica e di pubblico, con quanta coerenza
Alessandro ha travalicato il recinto rassicurante dei suoi primi noir,
spostandosi sempre più verso una narrazione sociale che fa a meno del
delitto per indagare un ambiente e un’epoca!
Giulio
Mozzi è, fra gli intellettuali italiani attivi nel campo della
letteratura, una delle personalità più originali. Anzitutto per la
scelta di scrivere racconti e non romanzi, seguendo la propria
vocazione all’arte così ardua della narrazione breve. Poi per aver
sperimentato i formati narrativi e poetici più sorprendenti, fra cui va
citato almeno il fotoromanzo (genere tristemente trascurato dai grandi
autori, finora, benché abbia tutte le potenzialità per raggiungere gli
esiti artistici del suo fratello naturale, il fumetto). Infine per la
sua opera di straordinario insegnante di scrittura creativa e talent
scout.
Uno
dei nostri incontri, ed è la novità di quest’anno, vedrà affiancati un
critico letterario e un autore esordiente. Era difficile immaginare una
coppia più indovinata di quella formata da Sergio Pent e Romano De
Marco. Pent rappresenta al meglio la figura nobilissima dello
scrittore-critico. Infatti ha pubblicato romanzi pluripremiati che,
soprattutto, non hanno il sapore dell’occasionalità ma disegnano una
poetica personalissima e dall’evoluzione ben riconoscibile; al tempo
stesso, le sue recensioni uscite per le principali testate italiane
coprono tutte le aree della produzione narrativa corrente, dagli autori
italiani agli stranieri al noir, e danno un contributo fondamentale
all’orientamento dei lettori. Quanto a Romano De Marco, la sua storia è
quella di una passione che si nutre anzitutto di letture onnivore, per
sfociare nella scrittura attraverso un percorso che agli occhi dei
tanti aspiranti autori sembrerà fiabesco.
Lascio
per ultimo l’ospite che forse più caratterizza il concetto dell’andare
oltre i confini che abbiamo messo come premessa – e promessa – al
festival di quest’anno: lo svedese Björn Larsson. Grande narratore
multilingue, capace di scrivere indifferentemente nell’idioma materno e
in francese, ci sorprenderà sostenendo l’incontro con il pubblico del
festival in italiano, senza bisogno di interpreti. D’altronde stiamo
parlando di un viaggiatore d’eccezione non solo in senso letterario:
erede della tradizione dei marinai vichinghi, Larsson passa buona parte
della sua vita sulla propria barca a vela, e molti dei suoi acclamati
romanzi non sono nati fra le quattro pareti di una stanza ma fra la
salsedine, le onde, i silenzi delle distese oceaniche.
Sempre
nella logica di variare il più possibile l’offerta che il festival fa a
chi è interessato a seguirlo, alcuni di questi autori sono stati
invitati, nella mattina del giorno stesso degli incontri, a dialogare
con gli studenti delle medie superiori di Alzano Lombardo e Albino.
Questa novità è stata sperimentata l’anno passato con un esito che mi
sentirei di definire straordinario. Gli studenti hanno accolto gli
autori non solo forti di una perfetta preparazione sulle loro opere, ma
anche proponendo una rielaborazione artistica personale, un ritratto di
questi ospiti che ha gratificato moltissimo gli ospiti stessi. Tutti
gli autori sono usciti deliziati da questi incontri, e di ciò va dato
grande merito ai docenti che hanno accompagnato i loro studenti in
questo felice sconfinamento, davvero ri-creativo nel senso pieno della
parola. Quando la scuola funziona, funziona.
Anche
quest’anno, per tutta la durata del festival, è poi proposto, sempre
per gli studenti liceali, un corso di scrittura creativa in sei
incontri, tenuto dal sottoscritto. La stessa esperienza è stata fatta
l’anno passato e ha avuto un esito davvero lusinghiero, per qualità e
quantità. Questo vale sia per quanto riguarda la frequenza del corso
sia per la serata finale che è stata organizzata dall’auditorium di
Nembro, per l’occasione pienissimo, e che ha visto i ragazzi leggere
alcuni dei racconti scritti durante il corso (e poi pubblicati) e
dialogare con il loro docente di narrativa. Una serata che molti non
dimenticheranno.
Nei
giorni 3 e 4 dicembre, chi scrive queste righe terrà un workshop di
scrittura creativa aperto a tutti coloro che vogliono cimentarsi nel
grande salto dalla lettura alla scrittura stessa… sempre tenendo
presente che la lettura viene prima. Come presentazione di questo
workshop vale la pagina dedicata più avanti, e naturalmente
l’esperienza di tredici anni di insegnamento delle tecniche narrative a
Milano, con risultati consultabili in www.raulmontanari.it.
Infine,
come già è stato fatto l’anno scorso, arricchirà il menu del festival
un match letterario, formula che ha avuto un successo eccezionale di
pubblico. Si tratta di uno scontro di idee pro e contro un grande
classico; un modo per dire cose serie in forma divertente e per questo
ancora più stimolante. Come campione di casa, dopo Gianni Biondillo
nell’edizione 2010 (l’argomento era l’arciromanzo italiano, I promessi
sposi), avrò il piacere di sfidare Aldo Nove, che già è stato nostro
ospite come autore due anni fa. Il tema sarà il Pinocchio di Collodi:
il libro italiano più famoso al mondo, un capolavoro che va molto al di
là dei confini della letteratura per l’infanzia.
E
anche questo, come tutti gli altri sconfinamenti proposti dal festival,
riuscirà nel suo intento se saprà allargare gli orizzonti di tutti noi.