Un film commovente, forte, coinvolgente e necessario. L’ultima settimana nella vita di Stefano Cucchi morto a 31 anni all’ospedale Sandro Pertini, mentre era in stato di detenzione. Una tragica odissea fatta di violenza, errori e prepotenze, indifferenza e paura. Un lavoro che vuole narrare il calvario di Stefano, ma che è anche attento a non emettere facili sentenze. Durissimo e preciso nel colpire là dove deve andare a segno senza deviazioni di percorso ‘Sulla mia pelle’ di Alessio Cremonini accompagna con rara umanità l’ultima settimana di Stefano Cucchi. Il film di Cremonini non solo si sottrae ai rischi di un semplice manicheismo, ma lascia che a parlare siano i segni sulla pelle del protagonista, trasformando il corpo di Cucchi – livido, tumefatto, scheletrico – in un elemento narrativo primario ed ineludibile. In quest’ottica risulta eccezionale il lavoro di Alessandro Borghi, artefice di una prova mimetica, ma anche equilibrata alla perfezione: dal suo corpo ferito, dalla voce sempre più strascicata, dallo sguardo spento e disilluso emerge, giorno dopo giorno, la silenziosa disperazione del personaggio, rassegnato al proprio ruolo di vittima all’interno di un meccanismo rispetto al quale Stefano avverte di non potersi sottrarre.