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Cinema Italia

Edizione 2018

Dogman

In una periferia sospesa tra metropoli e natura selvaggia, dove l’unica legge sembra essere quella del più forte, Marcello è un uomo piccolo e mite che divide le sue giornate tra il lavoro nel suo modesto salone di toelettatura per cani, l’amore per la figlia Sofia, e un ambiguo rapporto di sudditanza con Simoncino, un ex pugile che terrorizza l’intero quartiere. Dopo l’ennesima sopraffazione, deciso a riaffermare la propria dignità, Marcello immaginerà una vendetta dall’esito inaspettato.


Figlia mia

Sardegna. La piccola Vittoria (10 anni) ha una stretta relazione con sua madre Tina. In una casa in degrado fuori dal paese vive Angelica che è spesso ubriaca e cerca affetto tra le braccia di uomini che sono solo interessati al sesso. Angelica è la madre naturale di Vittoria e, nel momento in cui viene sfrattata, Tina spera di liberarsi in modo definitivo della sua presenza. Perché il rischio che riveli la propria maternità alla bambina è sempre in agguato. Ancora di più quando Vittoria e Angelica iniziano ad avvicinarsi.

Laura Bispuri, dopo Vergine giurata, prosegue la sua esplorazione nelle dinamiche della femminilità affiancata nuovamente da Francesca Manieri. Lo fa con un film la cui radice esistenziale è rinvenibile nell’aggettivo possessivo del titolo: mia.


La terra dell’abbastanza

Mirko e Manolo sono due giovani amici della periferia romana. Guidando a tarda notte, investono un uomo e decidono di scappare. La tragedia si trasforma in un apparente colpo di fortuna: l’uomo che hanno ucciso è il pentito di un clan criminale di zona e facendolo fuori i due ragazzi si sono guadagnati la possibilità di entrare a farne parte. La loro vita è davvero sul punto di cambiare.

Disegno, poesia e fotografia. I Fratelli D’Innocenzo (Damiano e Fabio) scelgono il cinema. Al loro esordio sul grande schermo presentano un crime di periferia dal titolo La terra dell’abbastanza. Il film è stato presentato nella sezione Panorama alla scorsa Berlinale. Da subito ha avuto un’interessante accoglienza: sono nati due nuovi autori, questo è certo. Rubando un po’ da Pasolini, da Zavattini e da Paisà di Rossellini, i Fratelli D’Innocenzo hanno colto al meglio ciò di cui ha bisogno adesso il cinema e in particolare quello italiano.


Lazzaro felice

La Marchesa Alfonsina de Luna possiede una piantagione di tabacco e 54 schiavi che la coltivano senza ricevere altro in cambio che la possibilità di sopravvivere sui suoi terreni in catapecchie fatiscenti, senza nemmeno le lampadine perchè a loro deve bastare la luce della luna. In mezzo a quella piccola comunità contadina si muove Lazzaro, un ragazzo che non sa neppure di chi è figlio ma che è comunque grato di stare al mondo, e svolge i suoi inesauribili compiti con la generosità di chi è nato profondamente buono. Ma qual è il posto, e il ruolo, della bontà fra gli uomini? Come saprà risorgere questo Lazzaro per continuare a testimoniare che il bene esiste, e attraversa le vicende umane senza perdere la propria valenza rivoluzionaria?


Sulla Mia Pelle

Un film commovente, forte, coinvolgente e necessario. L’ultima settimana nella vita di Stefano Cucchi morto a 31 anni all’ospedale Sandro Pertini, mentre era in stato di detenzione. Una tragica odissea fatta di violenza, errori e prepotenze, indifferenza e paura. Un lavoro che vuole narrare il calvario di Stefano, ma che è anche attento a non emettere facili sentenze. Durissimo e preciso nel colpire là dove deve andare a segno senza deviazioni di percorso ‘Sulla mia pelle’ di Alessio Cremonini accompagna con rara umanità l’ultima settimana di Stefano Cucchi. Il film di Cremonini non solo si sottrae ai rischi di un semplice manicheismo, ma lascia che a parlare siano i segni sulla pelle del protagonista, trasformando il corpo di Cucchi – livido, tumefatto, scheletrico – in un elemento narrativo primario ed ineludibile. In quest’ottica risulta eccezionale il lavoro di Alessandro Borghi, artefice di una prova mimetica, ma anche equilibrata alla perfezione: dal suo corpo ferito, dalla voce sempre più strascicata, dallo sguardo spento e disilluso emerge, giorno dopo giorno, la silenziosa disperazione del personaggio, rassegnato al proprio ruolo di vittima all’interno di un meccanismo rispetto al quale Stefano avverte di non potersi sottrarre.


Troppa grazia

Lucia è una geometra specializzata in rilevamenti catastali, nota per la pignoleria con cui insiste nel “fare le cose per bene”. La sua vita, però, è tutto fuorché precisa: a 18 anni ha avuto una figlia, Rosa, da un amore passeggero; ha appena chiuso una relazione pluriennale con Arturo; il suo lavoro precario non basta ad arrivare a fine mese. Approfittando della sua vulnerabilità economica, Paolo, il sindaco del paese, le affida il compito di effettuare un rilevamento su un terreno dove un imprenditore vuole costruire un impero immobiliare. Ma su quel terreno incombe un problema che Lucia individua immediatamente, anche se non ne vede con chiarezza i contorni. Paolo invece le chiede di “chiudere un occhio”.


Una storia senza nome

Valeria Tramonti è la timida segretaria del produttore cinematografico Vitelli, vive ancora a pochi passi dalla madre ed è innamorata dello sceneggiatore Pes, per il quale scrive, non accreditata, i soggetti di cui poi lui si prende il merito. A travolgere la sua riservata esistenza è l’incontro con Rak, un anziano sconosciuto, personaggio misterioso e informatissimo, che le offre una storia irresistibile da trasformare in film, a patto che (anche stavolta) non sia lei a comparirne come autrice

Niente è come sembra, ogni personaggio è doppio, in Una storia senza nome: commedia buffa di dichiarato gusto rétro, venata di giallo e di tocchi felliniani, affettuoso omaggio alla storia del cinema e alle persone che i film li pensano, li amano, li finanziano e spesso incuranti del loro senso li portano a termine.