Laboratorio di lettura, visione e scrittura
A cura di Giorgio Vasta
Workshop
sabato 20 gennaio 2018, ore 15.00 – 18.00
domenica 21 gennaio, ore 9.30 – 12.30
sabato 3 febbraio, ore 16.00 – 19.00
domenica 4 febbraio, ore 9.30 – 12.30
Biblioteca comunale di Albino – via Mazzini 68
max. 25 partecipanti Clicca qui per iscriverti
Toccare l’elefante a cura di Giorgio Vasta
Il cieco che gli tocca l’orecchio pensa che un elefante – animale del quale non sa niente – sia un ventaglio un po’ carnoso. Il cieco che invece gli tocca la coda dice che un elefante è una cordicella. Quello che tocca una zampa sostiene che si tratta di una colonna, quello che tiene tra le mani la proboscide è sicuro che un elefante sia un tipo particolare di tromba.
Ogni punto di vista seleziona la prospettiva dalla quale conosciamo e giudichiamo, ed è quindi immediato rendersi conto che nel raccontare una storia l’adozione di un punto di vista è una scelta (una tra le tante) delicata perché a venire coinvolte sono da subito questioni tecniche, estetiche ed etiche. Avere una cognizione il più possibile ampia della storia che si vuole raccontare, vale a dire perlustrare l’elefante in tutta la sua estensione, è quindi utile se non indispensabile.
Lezione 1. Il punto di vista è uno tra i modi in cui, chi racconta, si impossessa di una storia, la orienta, ne determina il contenuto morale. Vale a dire che se la storia di Cappuccetto Rosso viene raccontata dalla prospettiva – non per forza grammaticale – della bambina a spasso nel bosco, il lupo sarà il cattivo e il cacciatore l’alleato della protagonista; se però decidiamo di raccontare dal punto di vista del lupo, allora le cose cambiano, per esempio potrebbe venirne fuori una storia di persecuzione in cui all’animale tocca essere la vittima e al cacciatore una specie di carnefice; e che cosa succederebbe, ancora, se a raccontare fossero la nonna, la mamma di Cappuccetto Rosso o addirittura il bosco?
Lezione 2. Il punto di vista non è riducibile a una questione grammaticale e non coincide per forza con uno o con un altro personaggio. Il punto di vista può essere veicolato dallo stile, dunque dalla forma di una pagina, dal suo registro, dalla sua espressività. Raymond Queneau lo sapeva bene, tanto da aver dedicato un libro intero alla variazione su un piccolo fatto, e alle relative metamorfosi della percezione di quel piccolo fatto. Proprio prendendo spunto da Esercizi di stile lavoreremo sulle molteplici prospettive che il modificarsi del registro stilistico è in grado di determinare.
Lezione 3. Ognuno di noi è e ha un punto di vista: il suo proprio specifico punto di vista. Possiamo esserne contenti o patirlo, possiamo cercare di renderlo il più possibile duttile o accettarne la natura cornea, ma di fatto la nostra prospettiva sulle cose è un privilegio e al contempo una specie di gabbia. Per raccontare una storia è però utile – e meravigliosamente pericoloso – provare a immaginare i punti di vista più diversi e lontani dal nostro, quelli solo parzialmente possibili e quelli del tutto impossibili, così come guardare a ciò che conosciamo perfettamente da un’ottica così straniante da modificare la percezione di ciò che fin lì abbiamo ritenuto noto.
Lezione 4. Infine, proprio perché il punto di vista è, raccontando una storia, una vera e propria avventura, vale la pena esplorare il nesso tra punto di vista e produzione – o meglio invenzione – di senso. Provando soprattutto a cambiare paradigma (o punto di vista, sarà il caso di dire), spostandoci verso un modo di guardare le cose più profondamente letterario, dunque quello che, più o meno consapevolmente, domandiamo a ogni narrazione: essere in grado di regalarci un vero e proprio “punto di visione”.